Questa frase, che non ho tradotto perche’ penso sia comprensibilissima anche a chi non conosce lo spagnolo, è presa da García Márquez: historia de un deicidio, un saggio del 1971 di Mario Vargas Llosa dedicato all’opera letteraria di Gabriel García Márquez.
Da ragazzo veneravo Gabriel García Márquez. Quando lessi Cent’anni di Solitudine, dopo aver finito il libro in pochi giorni, rimasi immerso nel mondo immaginario di Macondo per qualche settimana. Attraverso il racconto della storia di una famiglia, García Márquez crea un mondo con i suoi personaggi, i suoi luoghi, le sue storie. E cosi’ quando lessi la Historia de un Deicidio, mentre preparavo la mia tesi di laurea sul genere letterario conosciuto come Novela del Dictador, il titolo mi fu subito chiarissimo: lo scrittore crea un suo mondo, e lo fa inventandosi luoghi e personaggi ma anche stabilendone le regole e le leggi. All’interno di questa realta’, lo scrittore è onnipotente, e può arrivare addirittura a modellare diverse leggi della fisica: uno scrittore di fantascienza è libero di inventarsi un mondo dove la forza di gravità è uguale a quella terrestre indipendentemente dalla massa dei pianeti su cui si svolge l’azione. Uno scrittore può inventarsi un mondo in cui esistono divinità inaudite, oppure in cui le divinità non esistono proprio. Insomma, lo scrittore, nell’ambito del mondo da lui creato, è come un dio. In questo senso l’autore commette un deicidio, uccidendo Dio e sostituendosi a lui.
Credo che questa volontà di creare un proprio mondo sia insita nella natura umana. Fin da bambini, quando giochiamo, creiamo un nostro mondo. Io costruivo con il Lego delle case in cui facevo abitare degli omini che facevo poi interagire tra loro, inventando improbabili avventure. I ragazzi giocano a videogiochi che simulano il mondo reale, in cui si fa la guerra o si costruiscono città.
Anche lo sforzo creativo insito nelle arti figurative rappresenta uno tentativo di ergersi a demiurgo di una propria realta’, e persino nella musica scorgo la volontà dell’artista di creare qualcosa di piu’ di un semplice suono.
Sono ormai troppo in là per giocare a Lego e quindi assecondo i miei piccoli deliri di onnipotenza raccontando storie. Non ho la stoffa dei grandi, quindi non ho la pretesa di creare un intero universo. Mi limito quindi a descrivere il mondo reale, utilizzando magari tinte colorite. Le mie storie sono quindi come delle piccole caricature, in cui esercito la mia libertà mischiando i registri, ma stando bene attento a raccontare solo fatti REALMENTE ACCADUTI.
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